Con questa ‘Ave Maria’, ho intessuto una trama sonora di speranza, elevando una supplica accorata attraverso il dialogo tra soprano, coro e orchestra. In un mondo dove le coscienze sembrano assopite, questa “supplica” potrebbe apparire come un flebile sussurro, ma non importa: anche se in minima parte, mi auguro possa “pungolare” qualche anima, persino in una società frammentata e individualista come la nostra.
Questa composizione, nata quattro anni fa, si è via via trasformata in un cantico alla speranza per le vittime delle ingiustizie perpetrate da coloro che si ergono a “padroni” del mondo. Attraverso la musica, prego affinchè gli oppressi possano finalmente conoscere la gioia, superando le sofferenze ingiustamente inflitte da noi “peccatori“.
Negli ultimi due anni, mentre davo vita a questa “Ave Maria”, ho orientato il mio moto verso la tragica situazione in Palestina, un conflitto che continua a mietere vittime innocenti nell’indifferenza più o meno generale.
Le parole “Ora pro nobis…” risuonano come una implorazione universale, amplificando – attraverso la musica – il dolore e la speranza di chi soffre in silenzio.
Mentre perfezionavo gli ultimi dettagli corali, un reportage da Gaza, all’improvviso ha dato un volto visivo alla mia musica: si tratta di Plestia Alaqad, giovane giornalista palestinese. I suoi occhi, malinconici ma colmi d’amore, incarnavano la grazia e la forza umana che la mia musica cerca d’esprimere. In suo onore, ho voluto rendere un piccolo tributo extra-musicale a questo splendido essere umano, facendo sì che la Maria raffigurata sulla copertina della composizione pubblicata somigliasse proprio a Plestia.
Architettura sonora: Ave Maria per coro di soprani e orchestra
L’Ave Maria si apre con gli archi divisi in due sezioni: VniI e VniII sono divisi . I divisi “A” eseguono un pizzicato, mentre i divisi “B” eseguono un jeté-louré (sfz), generando un effetto percussivo e intonato al contempo.
Nella partitura originale, viole e violoncelli divisi sono chiamati a eseguire uno sforzando ma “col legno battuto“. Tuttavia, questa tecnica prevista per la sezione medio-bassa non ha trovato spazio nella registrazione finale, modificando il colore orchestrale da me immaginato.
Questo effetto percussivo-melodico negli archi è stato concepito per evocare un senso di inquietudine, preparando il terreno per l’ingresso del coro femminile, che subito dopo dipinge un’atmosfera eterea e decisa.
In questo paesaggio sonoro emerge la voce della soprano solista. Le parole “Ave Maria” vengono intonate con un vocalizzo esteso e non convenzionale. In particolare, il vocalizzo sulla “i” di “Marìa” rimane invariato (tenuto) anche quando l’armonia muta, creando l’impressione di una preghiera che trascende tutto e tutti.
Anche il finale si discosta dalle convenzioni. Solitamente, in composizioni di questo genere, la parola “Amen” è integrata in un contesto musicale liberatorio, aperto, conclusivo. Qui, invece, l'”Amen” risuona più come un’espressione di dolore che di accettazione, sottolineando l’intenzione emotiva dell’opera.
L’essenza e l’aspirazione di questa “musica programmatica”
Questa Ave Maria rappresenta per me un’intima invocazione, un anelito verso un futuro in cui i bambini possano correre liberi e vivere senza ombre di paura, avvolti in un abbraccio di speranza tangibile e universale.
Di questi tempi, in un’epoca in cui la musica spesso si riduce a mero intrattenimento e gli ascoltatori vengono declassati a semplici “fruitori“, questa Ave Maria si propone come un ponte artigianale, intessuto tra il sacro e il profano, tra la tradizione secolare e l‘urgenza palpitante del presente.
Vi abbraccio con tutto il cuore, con la speranza che queste note possano toccare le vostre anime con la stessa intensità con cui hanno pervaso la mia durante il processo creativo, accrescendo in voi quella scintilla di umanità che ci accomuna tutti.
G.